lunedì 30 giugno 2008

Solo il Niño poteva riportare la Spagna alla vittoria

Fernando Torres mette la firma sulla vittoria, Iker Casillas alza al cielo il trofeo: la Spagna è Campione d’Europa



Iker Casillas può alzare quel trofeo che tutta la sua Nazione desiderava: la Spagna è Campione d’Europa per la seconda volta nella sua storia dopo aver sconfitto la Germania nella finale dell’Ernst Happel grazia ad un 1-0 firmato proprio dal giocatore di maggior qualità del settore offensivo, ovvero Fernando Torres che sigilla con una prodezza la finale e il titolo. Chi si lamentava del rendimento insufficiente del Niño fin qui ha avuto la risposta migliore possibile nel lob basso che ha reso inutile l’uscita di Lehmann e reso pesante la disattenzione di Lahm, un episodio che condanna la Germania ad una sconfitta tutto sommato giusta per quanto visto nel match: la Mannschaft è stata infatti troppo lenta nel proprio gioco e sempre in difficoltà in difesa, a parte una decina di minuti nella ripresa in cui è riuscita ad imprimere un cambio di ritmo, senza però trovare la giusta continuità. Meglio la Spagna, che con Fabregas in campo ha aggiunto incisività in regia per un gioco sicuramente più razionale e più invitante per l’unica punta Fernando Torres, con le Furie Rosse che oltre al gol hanno avuto un altro paio di buone occasioni e nel finale avrebbero potuto (e dovuto) chiudere la partita. Questo ha finito per rendere un po’ sofferto anche il finale, ma la Spagna ha saputo tenere bene, è rimasta sempre compatta (soprattutto grazie ad un centrocampo che raramente s’è staccato di molto dalla linea difensiva) e non ha concesso grandi occasioni agli avversari, meritandosi quindi pienamente l’urlo liberatorio arrivato dopo il triplice fischio finale, un urlo che ripaga di un’attesa durata 44 anni, quando un gol di Marcelino Martinez nel finale di gara regalò il successo sull’USSR e il successo casalingo nell’Europeo del 1964, successo che finalmente la Spagna è riuscita a bissare con un altro trofeo. Adesso è giustificato il giubilo dei media spagnoli, davvero protagonisti in quasi tutti gli sport importanti, dal basket al ciclismo passando anche per il tennis, una Nazione che evidentemente riesce ad esprimere talenti in ogni disciplina e che soprattutto riesce a valorizzarli: in questo senso, ottenere un successo così prestigioso in un sport così popolare è anche un merito giusto per le politiche sportive di questa Nazione che troppo spesso si ritrova divisa in regionalismi (forse è l’unico stato “meno unito” dell’Italia in questo senso, viste le tante volontà di autonomismo portate avanti dai baschi o dai catalani, per fare un paio di esempi) ma che ha saputo creare delle squadre vere in questi sport, superando tutte queste differenze culturali e di vedute. Ma a vincere sono soprattutto i calciatori, nonostante le prestazioni individuali (anche in questa finale) non siano state molto esaltanti, con Fernando Torres su tutti a strappare applausi per la tenacia, l’astuzia e poi la classe con cui ha firmato la rete decisiva, con Cesc Fabregas che impone il suo talento con grande maturità anche in occasioni così importanti, dimenticandosi che la carta d’identità lo vedrebbe soltanto 21enne, con Marcos Senna che s’è specializzato nell’annullare elementi chiave delle squadre avversarie (dopo il successo con Andrei Arshavin della Russia s’è ripetuto con Michael Ballack della Germania), con Carlos Marchena sorprendentemente più solido di Charles Puyol e con Sergio Ramos molto continuo in fase di spinta, anche se sulla sua corsia ha dovuto fronteggiare un Lukas Podolski piuttosto insidioso. Non si può certo dimenticare neppure Luis Aragones, che nonostante tante scelte impopolari (e francamente sbagliate, come quella di lasciare a casa Raul o di tenere quasi sempre in panchina Fabregas) è riuscito dove molti suoi predecessori (anche più quotati) avevano fallito, ovvero per far alzare un trofeo alle Furie Rosse: il successo sta nell’aver puntato sempre sulla stessa formazione nei match che contavano (soltanto contro la Grecia c’era stato spazio per le riserve, in un match che non contava più nulla nell’ottica del girone), ma forse sta soprattutto nell’aver messo in cantina il ripetitivo tiqui-taca che aveva decisamente fallito nel quarto di finale contro l’Italia, rivelandosi inadeguato per match che contano davvero. Con un gioco più razionale (e forse più aggressivo) la Spagna è riuscita ad ottenere due vittorie piuttosto meritate e ad arrivare alla vittoria di questo Euro 2008, che ha visto le Furie Rosse subire sempre gol nella fase a girone (una rete subita in ognuna delle tre partite iniziali), ma che poi nella fase decisiva ad eliminazione diretta non ha concesso neppure un gol, proprio in quella fase dove storicamente la Spagna finiva per fallire. Niente da fare per la Germania, espressasi ai massimi livelli soltanto nel quarto di finale contro il Portogallo e incapace di ripetere quei livelli nelle due partite successive: il carattere (e un po’ di fortuna) era servito per ottenere una vittoria soffertissima contro la Turchia ma da solo non è bastato in questa finale, dove la Spagna ha saputo limitare le velleità offensive tedesche con un muro abbastanza solido a centrocampo. Joachim Low non riesce a portare a casa il quarto titolo europeo ma sono poche le scelte che gli possono essere criticate, soprattutto considerando che si è ritrovato un Ballack in condizioni pessime nel momento decisivo del torneo. Proprio il centrocampista del Chelsea perde un altro trofeo in finale, ripetendo in maniera incredibilmente fedele quanto successo nel 2000, quando con il Bayer Leverkusen perse all’ultima giornata la Bundesliga (in uno spettacolare rush finale che premiò il Bayern Monaco) e fu sconfitto in finale di Champions League e Coppa di Germania, per poi perdere il Mondiale in finale contro il Brasile (partita che Ballack saltò per squalifica): molto simile è quello che è successo quest’anno, visto che Ballack (o perlomeno la sua squadra, visto che il tedesco ha saltato qualche mese per infortunio) è stato sconfitto in finale di Community Shield (la Supercoppa inglese), Carling Cup e Champions League, vedendo sfuggire il titolo della Premier League anche questa volta all’ultima giornata e ripetendo la sconfitta in finale con la propria Nazionale. Parliamo sempre di un giocatore che ha vinto molto, ma che non riesce ad essere molto fortunato al momento di conquistare un importante alloro internazionale.

La Germania scende in campo con quel 4-2-3-1 che ha caratterizzato la propria fase ad eliminazione diretta, proponendo soltanto un cambio di formazione rispetto all’undici che ha sconfitto la Turchia, con l’esclusione di Simon Rolfes per l’ingresso di Torsten Frings in mediana. E’ regolarmente in campo invece Michael Ballack, in dubbio fino all’ultimo per un fastidio al polpaccio. Dopo aver proposto quattro formazioni identiche nei primi due match del girone e nei primi due ad eliminazione diretta, la Spagna si trova costretta a cambiare un tassello nel proprio undici per l’infortunio subito da David Villa, sostituito da Cesc Fabregas in un modulo che diventa un 4-1-4-1 con Fernando Torres unica punta.

L’inizio di gara è molto lento e un po’ di studio (come si dice in gergo), con la Germania che vuole mostrare la propria compattezza per non dare spazio al solito fraseggio spagnolo per poi cercare di ripartire in velocità o pressando alto per sfruttare qualche possibile errore difensivo. In questi primi 10 minuti, la Germania riesce ad aprirsi gli spazi in maniera più convincente rispetto alla Spagna, ma con lo scorrere del tempo il trend sarà destinato a cambiare.

Il primo tiro del match intanto arriva al 9’ minuto: Klose svaria e riceve palla sulla sinistra, avanza un po’ e tocca in orizzontale per Hitzlsperger che calcia troppo debolmente e centrale, permettendo a Casillas la facile presa.

Al 14’ è la Spagna a crearsi una buona chance, anche se in modo piuttosto casuale: bel servizio di Xavi verso il vertice sinistro dell’area di rigore per Iniesta, il quale ha grande spazio per affondare ma sorprendentemente si ferma per poi rientrare sul destro e cercare un difficile appoggio verso il centro, creando però un rimpallo che rischia di condannare la Germania, con in particolare l’ultimo tocco di Metzelder che prende quasi in controtempo Lehmann, il quale però ha il gran riflesso per deviare in corner.

Il tema tattico di gara è abbastanza chiaro: le due squadre non hanno alcuna intenzione di scoprirsi e rimangono molto compatte dietro per non lasciare spazi e in fase di manovra il numero dei giocatori che attaccano è sempre molto inferiore rispetto a quelli che difendono. Si cerca quindi di recuperare palla in buona posizione per far partire la transizione offensiva e sfruttare un minimo di sbilanciamento avversario. Come accaduto anche negli ultimi due match, dopo pochi minuti la Spagna inverte i suoi esterni, portando Iniesta sulla fascia sinistra e David Silva sulla destra, ma le Furie Rosse hanno il solito difetto di non allargare mai il gioco e imbottigliarsi costantemente al centro, cosa che non succede nella Germania perché Klose svaria sempre molto, così come Podolski rimane sempre piuttosto largo sulla sinistra per puntare il terzino avversario, ovvero Sergio Ramos.

Sergio Ramos però è molto pericoloso in fase offensiva e al 23’ triangola lungo con Cesc Fabregas, il quale di prima gli ritorna un gran pallone aprendogli lo spazio per il cross che arriva preciso verso il secondo palo, dove Fernando Torres sovrasta nello stacco Mertesacker e colpisce bene di testa a schiacciare, la conclusione sarebbe impossibile da parare per Lehmann ma a salvare la Germania ci pensa il palo, che nega la gioia del gol al Niño. Bravissimo l’attaccante del Liverpool in stacco e conclusione, ma le migliori azioni della Spagna passano tutte dai piedi di Fabregas.

La Spagna adesso sfrutta realmente le fasce per allargare il proprio gioco ma grazie alla spinta dei due terzini, che permettono così di accelerare un po’ il gioco. In questa fase centrale la Germania appare poco fluida nel gioco, soprattutto perché è evidente l’inferiorità numerica della Mannschaft dalla trequarti offensiva in su che finisce per costringere i tedeschi nel puntare sulle azioni personali provenienti dalle fasce, soprattutto con la rapidità di Podolski (che però appare anche abbastanza impreciso). In tutto questo, Ballack appare troppo poco brillante e mai incisivo nel gioco dei suoi.

I difensori tedeschi appaiono in grossa difficoltà perché Fernando Torres li attacca sempre tenacemente sui palloni vaganti, finendo per far valere il proprio passo decisamente più rapido. Proprio questo succede al 33’, nell’episodio che decide il match: la verticalizzazione dalla trequarti di Xavi è imprecisa, Lahm appare in vantaggio su tutti ma si addormenta nell’attendere l’uscita del proprio portiere, non accorgendosi del fatto che il passaggio è troppo corto per rendere così semplice l’intervento di Lehmann. Fernando Torres si accorge dell’incertezza e attacca Lahm, riesce ad incunearsi tra il terzino e Lehmann e poi batte il portiere con un delizioso lob basso che manda il pallone lentamente ma con estrema precisione a morire all’interno della rete, per il gol dello 0-1. Reattivo e chirurgico nella conclusione il Niño, uno che non si lascia trasportare dalle emozioni in occasioni così importanti, ma troppo evidente e grave l’erroraccio di Philipp Lahm.

La Germania tenta una reazione di nervi ma questi prendono troppo corpo in Michael Ballack, che è anche sfortunato perché si apre un sopracciglio in un contrasto testa contro testa con Marcos Senna, finendo steso come un pugile.

In avvio di ripresa, Low decide di togliere Lahm, destinato a diventare protagonista negativo della partita, inserendo un terzino di spinta come Jansen. La Germania prova così a fare gioco ma lo fa troppo lentamente, senza mettere mai in seria difficoltà la difesa spagnola, con le Furie Rosse che invece riescono a creare qualche pericolo potenziale in contropiede, con Fernando Torres che può sfruttare l’enorme differenza di passo con Mertesacker: l’inerzia sembra tutta per la Spagna.

Al 53’ gli spagnoli ripartono in modo intelligente, con Fabregas che apre sulla destra dell’area di rigore per Fernando Torres, il quale guarda a centro area e poi tocca dietro per Xavi, che calcia radente ad incrociare costringendo Lehmann ad una difficile deviazione in corner.

Al 55’ arriva un altro contropiede pericoloso con Iniesta che verticalizza bene per Fernando Torres, il quale prende bene il tempo a Jansen e sembra poter puntare la porta ma davanti a sé trova una grande uscita a terra di Lehmann a strappargli la palla dai piedi: la Germania barcolla pesantemente.

Low passa ai ripari provando a cambiare modulo e a tornare al 4-4-2, inserendo al 58’ Kevin Kuranyi al posto di Hitzlsperger.

Il cambio ha l’effetto sperato e la Germania riesce ad alzare il ritmo, cominciando a spingere forte sulle fasce e a creare affanni nella difesa spagnolo. Questa fase però dura soltanto una decina di minuti e frutta soltanto una chance, al 60’: Puyol si complica terribilmente la vita sulla corsia sinistra d’attacco della Germania, Jansen recupera palla e la tocca dentro per Klose che appoggia di prima per Ballack, il quale ha l’opportunità di trovare una buona conclusione ma non colpisce bene il pallone, la traiettoria del tiro è comunque insidiosa e la palla va ad uscire sfiorando il palo, con Casillas che aveva visto tardi il pallone.

Al 64’ c’è un episodio non gravissimo sul piano disciplinare, ma che conferma l’incompetenza dell’arbitro Rosetti: David Silva trattiene vistosamente Podolski per impedire un’azione molto pericolosa sulla sinistra, con un intervento che sarebbe da ammonizione per tutta la vita. Oltretutto, il fantasista del Valencia ha un battibecco con l’avversario e gli rifila una mini-testata, con un gesto non certo violento ma sicuramente da punire: ce ne sarebbe abbastanza per un cartellino giallo, ma non per Rosetti che incredibilmente non ammonisce lo spagnolo. Quando un arbitro non ammonisce questa trattenuta e poi (qualche minuto dopo) si inventa un gomito alto per ammonire Fernando Torres in un normale (e involontario) contrasto testa contro testa con Mertesacker si capisce quanto sia inadeguato per arbitrare una partita del genere: nel calcio però le raccomandazioni contano e fanno una carriera e Collina è un santo in paradiso per questo arbitro.

Il buon momento della Germania viene spezzato al 67’: la difesa tedesca prova a fare fuorigioco su una punizione dalla destra ma in questo modo finisce soltanto per lasciare liberissimo Sergio Ramos in area di rigore per un incornata che Lehmann deve alzare in corner con un altro buon intervento. Il portiere dell’Arsenal (che l’anno prossimo giocherà allo Stoccarda) tiene in vita le speranze della Germania.

Il corner successivo è battuto corto, nessuno va a contrastare Iniesta che entra facilmente in area e calcia verso il primo palo, dove appostato c’è Frings a salvare con il piede. Incredibile però la distrazione tedesca, con il centrocampista del Barcellona che va alla conclusione con una facilità estrema.

La sfuriata della Spagna non frutta il raddoppio ma riesce nuovamente a cambiare l’inerzia della partita, perché adesso gli spagnoli tornano ad essere insidiosi in contropiede e tolgono continuità d’azione alla Germania, che adesso fatica a ritrovare velocità e a rendersi insidiosa negli ultimi metri.

All’81’ la Spagna non chiude colpevolmente il match: ci sono praterie sulla destra per Santi Cazorla (subentrato al posto di David Silva pochi secondi dopo che il giocatore del Valencia aveva rischiato di subire un cartellino) che crossa dalla destra, Daniel Guiza può colpire liberamente ma schiaccia troppo il pallone di testa e invece di mandarlo verso la porta lo devia addirittura orizzontalmente, il tentativo sbagliato rischia di diventare un assist per Marcos Senna che però da pochi passi non trova la deviazione vincente e la difesa tedesca si salva.

La Germania finisce troppo ferma il match, con Ballack che non esiste nel gioco dei suoi e la Spagna decisamente più viva: in questo modo, la Mannschaft non riesce neppure a creare un ultimo attacco, anche perché Metzelder gestisce in maniera pessima gli ultimi possessi. Nell’unica occasione che la Germania trova per inserirsi in area ci pensa il solito Rosetti a rovinare tutto, inventandosi un fallo su Capdevila in area di rigore, con Schweinsteiger che avrebbe avuto a disposizione un pallone molto pericoloso: si spengono qui le speranze tedesche.

La Spagna si incorona quindi Campione d’Europa per la seconda volta nella sua storia e saluta nel modo migliore il proprio ct Aragones, destinato a firmare con il Fenerbahce: adesso c’è curiosità per capire chi sarà il suo successore, visto che per adesso non si sono fatti dei nomi credibili. Di certo, il nuovo ct raccoglierà un’eredità pesante ma potrà far crescere un gruppo di giocatori ancora giovani ma già vincenti, come ad esempio Sergio Ramos, Andreas Iniesta, Cesc Fabregas o Fernando Torres: con altri due anni d’esperienza, questi talenti potrebbero diventare ancora più forti in vista del Mondiale del 2010. Come detto, ancora non si ha idea di chi potrebbe essere il nuovo ct spagnolo, ma in Spagna c’è un tecnico vincente che è libero da tre anni e che potrebbe fare il caso delle Furie Rosse, ovvero Vicente Del Bosque: forse, proprio il 57enne ex tecnico del Real Madrid potrebbe essere perfetto per la Nazionale spagnola.

Non ci sono invece dubbi su chi sarà il ct della Germania nel prossimo biennio, visto che Joachim Low è stato confermato senza alcun problema e potrà continuare il suo lavoro anche in vista dei prossimi Mondiali. L’Europeo della Mannschaft è stato decisamente positivo, anche se la Germania è mancata nell’acuto finale: di certo, Low avrà il compito di creare un impianto decisivo più solido in vista del 2010.


Germania-Spagna 0-1

Germania (4-2-3-1): Lehmann 6,5 – Friedrich 6 Mertesacker 5,5 Metzelder 4,5 Lahm 4 (46’ Jansen 6) – Frings 6 Hitzlsperger 5 (58’ Kuranyi 5) – Schweinsteiger 5 Ballack 4 Podolski 6 – Klose 6 (79’ Gomez sv)

In panchina: Enke, Adler, Fritz, Westermann, Rolfes, Neuville, Trochowski, Borowski, Odonkor
Commissario tecnico: Joachim Low 5,5

Spagna (4-1-4-1): Casillas 6 – Sergio Ramos 6,5 Puyol 6 Marchena 6,5 Capdevila 6 – Marcos Senna 7 – Iniesta 6 Fabregas 6,5 (63’ Xabi Alonso 6) Xavi 6 David Silva 4,5 (66’ Santi Cazorla sv) – Fernando Torres 8

In panchina: Palop, Reina, Raul Albiol, Fernando Navarro, David Villa, Sergio Garcia, Arbeloa, Juanito, De La Red
Commissario tecnico: Luis Aragones 6

Arbitro: Roberto Rosetti (Italia) 4

Gol: 33’ Fernando Torres
Ammoniti: Ballack, Kuranyi (G), Casillas, Fernando Torres (S)

Nessun commento: